La guerra fa.
Vuota, colma, incombe.
Lavora di eco. Di là dal mare si sentono spari e altri reperti.
Di qua, in Marocco, tra un porto e un deserto, la guerra fa il suo lavoro, aspettando altri barbari.
Anche se adesso non è un arsenale bellico a mostrare la muscolatura, ma una pallottola, la cui perdita di realtà non proibisce di arrivare dritta dentro un cuore.
Potrebbe avere il nome di un ricordo, il pallore di un volto, quel proiettile: annunciato da una lettera, come capita ai dolori degli amanti. O forse sono due, con quel nome, così preciso, per essere due fogli scritti che spingono un amore: lettere di transito.
Rick, le hai riconosciute, cosa facciamo adesso, a Casablanca?
llsa, la donna che Rick aveva amato a Parigi, ha bisogno delle lettere, per sé e per il marito Laszlo. Le lettere di transito consentono di lasciare Casablanca, imbarcandosi sull’aereo per Lisbona. E da lì verso gli Stati Uniti, via. Via dalla pazza guerra.
Come può Rick consegnare ai due coniugi le lettere di transito? Non solo non si potrebbe vendicare di lei, che a Parigi lo aveva lasciato, ma la perderebbe per sempre.
Nel film, succede di tutto. «Casablanca non è un film: è molti film, un'antologia. Fatto a casaccio, si è probabilmente fatto da solo, se non contro la volontà dei suoi autori ed attori, almeno al di là del loro controllo. Ed è per questo motivo che funziona, a dispetto delle teorie estetiche e sull'arte di girare film. Perché in esso si svela con forza quasi tellurica il potere della Narrativa stessa, senza che l'Arte intervenga a disciplinarla» (U. Eco).
Non sapremo mai se sarà stato il destino, la guerra sporca o forse il film out of control, resta che noi che guardiamo restiamo lì, incollati al film autonarrante, abbandonati come se, sospesi da una telefonata finta, un omicidio, Tinelli che è Torelli, Ferrari che è Ferrac, alla fine i soliti sospetti. E forse Bergman e Bogart li abbiamo incontrati di sfuggita, come visti di transito, solo un momento di passaggio.
Film con una coda famosa, senza capo però, film fallato, certo poco fallico, dov’è l’eroe, la metafora del potere, il cielo che move il sole e l’altre stelle?
Hey Rick, hai visto gli altri aerei, nessuno viene, nessuno va, è terribile.
Il cinema si è fermato. Nel 1942, c’era la guerra. Il film che in quell’anno si girava da solo ora è tutto un frame, un unico fremito sospeso a quell’ultima scena.
Aeroporto, uomini, cose, tutto sembra girare ma è immobile, la nebbia nella notte. Il film che si è fatto soltanto da sé ha deciso, ormai. Niente più all together now, tantomeno All's Well That Ends Well, per non parlare dei vari first of all, il prima di tutto, il massimo, il primato. Dove sono andati tutti gli all? Forse nel fall, l'autunno, la caduta? Davvero basta una effe in più, e per cosa?
Hey Rick, l’aereo rolla ancora, il cielo non ha più stanze né pareti, non c’è luogo al sicuro, i fantasmi del potere si sono portati via anche il potere; gli aerei, come i treni, «bisogna sempre prenderli, Casablanca docet»; e anche un film che si è fatto da solo, come gli amori dovrà finire, prima o poi, mentre il tempo va via.
Fallo, Rick,
Fallo vedere.
Anzi, non farlo, non vogliamo sapere.
Che manchi, questo fallo, almeno un po’.
Che lasci segno di mancanza, per quanto si può, per quanto sia possibile farne un segno, eccolo lì, f’allo Rick, ma non farne senso, non dircelo, lascia che falli, fallisci bene, fallisci sempre, ma fallisci meglio, ogni volta, ogni volta di tutte le volte, fino a che l’aereo parte.