CASA CLINICA
«Per sapere occorre immaginare»
Georges Didi-Huberman
«I poeti del ‘200 chiamavano «stanza», cioè «dimora capace e ricettacolo», il nucleo essenziale della loro poesia, perché esso custodiva, insieme a tutti gli elementi formali della canzone, quel joi d’amor che essi affidavano come unico oggetto alla poesia. Ma che cos’è quest’oggetto? A quale godimento la poesia dispone la sua «stanza» come «grembo» di tutta l’arte? Su che cosa si richiude così tenacemente il suo trovar?»1